domenica 26 ottobre 2008

IL MINOATURO - Benjamin Tammuz

Nessuno vede le cose belle che tu vedi in meC’è un motivo, in tutto questo: che ciò che si possiede di colpo diventa opaco, come sapeva Gide (o forse era qualche altro…). C’è l’Attesa che nella storia del popolo d’Israele non è tempo vuoto o perduto come nella nostra sciocca idiozia collettiva, ma il tempo più vero e proficuo perché significa la volontà di chi è padrone del tempo.Ma c’è molto altro e molto di più in questo libro dall’incipit scintillante e dal ritmo perfetto, che ti afferma e non ti molla più. C’è l’amore per la musica di Mozart e l’amore del protagonista (agente segreto) per «il paese che servo», che è Israele, «i monti, le valli, la polvere, la disperazione, le strade, i sentieri». E tutti questi amori si fondono e si confondono in uno, insieme a quello di un altro personaggio — un evidente alter ego del protagonista — per «i popoli del Mediterraneo», tutti, a cominciare dai palestinesi per i quali l’agente segreto israeliano ha sentimenti struggenti come per un fratello perduto.In tutto questo seducente intreccio di storie — perfettamente costruito — accade questo amore che sottointende una certezza: che c’è un disegno su ciascuno, che non siamo esseri abbandonati a un caso idiota, ma che l’attesa più profonda che abita il cuore corrisponde a una presenza reale nel mondo («da quando ho memoria di me, io ti ho cercata. Mi era chiaro che tu esistevi, ma non sapevo dove»), che in un momento del tempo non scelto da noi e con modalità che possono anche sembrare tremende, incontreremo. Per cui si tratta di “riconoscerla” quando ti attraversa il cammino.“Riconoscere” è appunto il verbo usato di continuo. Lui si manifesta a lei con delle lettere, che riempie del suo amore appassionato e geloso, una presenza misteriosa e protettiva, che brama di vedere («nessuno vede le cose belle che tu vedi in me. Mi abitui a qualcosa che nessuno mi darà mai. Io voglio vederti»).Lei (che si chiama, non a caso Thea, nome che insieme al riferimento a Dio allude a lei come a un doppio della moglie di lui, Lea) a sua volta gli scrive con questa intestazione: «Mio amico Sconociuto». È ovvio rammentare la nota poesia: «Uno Sconosciuto è mio amico…». Ed è inevitabile a questo punto sospettare che la storia che fa da sfondo al romanzo di questo straordinario scrittore ebreo, sia la prima di tutte le storie d’amore: quella fra Jahvè e il suo popoloNOTE BIOGRAFICHEBenjamin Tammuz (1919-1989) nasce in Russia, ma già nel 1924, quando Benjamin ha solo cinque anni, la sua famiglia si lascia alle spalle gli orrori della rivoluzione bolscevica e si trasferisce in Palestina, terra dove è in atto quel movimento di immigrazione e risorgimento ebraico che porterà nel 1948 alla nascita dello Stato di Israele. B.T. studia legge e scienze economiche all’università di Tel Aviv e, più tardi, storia dell’arte alla Sorbona di Parigi. Per molti anni è redattore della pagina letteraria del quotidiano israeliano Ha’aretz e per quattro anni attaché culturale dell’ambasciata di Israele a Londra. Autore prolifico di letteratura anche per l’infanzia, ha ricevuto diversi riconoscimenti letterari internazionali.

giovedì 18 settembre 2008

LA MASCHERA DI DIMITRIOS - Eric Ambler

E' un romanzo scritto da Eric Ambler e pubblicato nel 1939. Eric Ambler ha trasformato la spy story. L'ha depurata dei vanagloriosi eroismi della belle époque e l'ha riportata nel fango, le ha donato il cinismo fatalista di chi aveva conosciuto gli orrori delle trincee della Grande Guerra. Ambler ha saputo creare la tragica figura letteraria della spia "normale", perennemente in bilico tra la vita e la morte, tra la lealtà ed il tradimento, e ne ha tratteggiato con indiscutibile vigore piccole meschinità e insospettabili virtù.

Attraverso gli occhi dello scrittore Charles Latimer, incuriosito dalla figura ambigua ed enigmatica di Dimitrios, trafficante e criminale internazionale, scorre davanti al lettore lo scenario inquieto dei Balcani ancora sconvolti dalla fine dell'Impero Ottomano. Mentre Latimer interroga corrotti ufficiali turchi e bonari agenti sovietici alla ricerca di una possibile verità, la figura di Dimitrios si staglia inquietante nella sua assenza, e assurge a simbolo della corruzione di un'epoca.

Gioco di specchi tra l'autore e il personaggio, e indiscutibile capolavoro di Ambler, dal libro fu tratto nel 1944 un celebre film noir di Jean Negulesco

IL PICCIONE - Patrick Suskind

Jonathan Noel non ama gli eventi, e odia addirittura quelli che turbano l'equilibrio interno e sovvertono l'ordine esterno del quotidiano. Vive in un sottotetto e lavora come guardia in una banca, percorrendo avanti e indietro i tre gradini antistanti l'ingresso, con la sola certezza che non possa più accadergli nulla di fondamentale se non, un giorno, la morte. Giunto all'età di cinquantatré anni, la condizione di quiete monotona e di assenza di avvenimenti è la sola cui egli aspiri, l'ideale di vita che persegue con cieca ostinazione, convinto com'è che negli esseri umani non si possa riporre fiducia e che si possa vivere in pace soltanto tenendoli alla larga. Poi, una mattina, uscendo dalla porta di casa, s'imbatte in un piccione: quell'animale apparentemente insignificante, che si limita a guardarlo immobile, incrina di botto l'esistenza di Jonathan, fa crollare tutte le sue sicurezze, gli sconvolge la vita. "Come tutti i simboli", osserva Pietro Citati, non dobbiamo tradurre il piccione "in un'altra lingua, ma rispettare la sua grandiosa lingua muta, e avvertire la minaccia - fisica e metafisica -, con cui aggredisce il nostro mondo". Ma quale sarà l'esito di tale aggressione? Il piccione s'imporrà come presenza malefica o avrà un effetto salvifico su Jonathan, strappandolo alla sua condizione?"Teneva la testa inclinata di lato e fissava Jonathan con il suo occhio sinistro. Quest'occhio, un piccolo disco circolare, marrone con un punto centrale nero, era spaventoso a vedersi. Era come un bottone cucito sulle piume della testa, privo di ciglia, privo di sopracciglia, totalmente nudo, rivolto all'esterno e mostruosamente spalancato senza decenza alcuna, ma nel contempo c'era in quell'occhio un che di riservato e di scaltro; e nel contempo non sembrava né aperto né scaltro, bensì semplicemente privo di vita come la lente di una macchina fotografica, che assorbe tutta la luce esterna e nulla riflette del suo interno. Nessun bagliore, nessun barlume c'era in quell'occhio, non una scintilla di vita. Era un occhio senza sguardo. E fissava Jonathan."

FLATLANDIA - Edwin A. Abbot

"Flatlandia: Racconto fantastico a più dimensioni è un classico del XIX secolo scritto da Edwin Abbott Abbott. Il racconto appartiene al genere fantastico e racconta la vita di un abitante di un ipotetico universo bidimensionale che entra in contatto con l'abitante di un universo tridimensionale. È un racconto molto popolare tra gli studenti di matematica e più in generale tra gli studenti di facoltà scientifiche perché affronta da un punto di vista molto originale il concetto di un mondo a più dimensioni. Dal punto di vista letterario è famoso anche per essere una satira della società Vittoriana". (fonte: Wikipedia). Prossimo incontro (da Alessandro o nuovamente nel giardino di Arianna, se disponibile): il secondo venerdì di agosto, ovvero il 08/08/08 alle.... 8 p.m.!!! come dimenticarlo?

domenica 29 giugno 2008

LA PARETE - Marlen Haushofer

La parete è il diario di una donna che a seguito di un evento inspiegabile - una parete trasparente che circonda alcune montagne - rimane isolata dal resto del mondo. L 'autrice descrive con intensa attenzione la sua modificazione interiore e fisica nel vivere un quotidiano denso di fatiche e di paure, il suo stare all'essenza delle cose e riscoprire un'autonomia e una valorizzazione di sé quasi dimenticata. Nella solitudine si apre all'amore per la natura, per gli animali, per se stessa abbandonandosi a nuove gioie, sensazioni, emozioni che sente profondamente sue; nella solitudine rivisita il suo passato, i ricordi più belli ma anche il malessere e l'estraneità che già esistevano ma solo ora affiorano e la portano a una consapevole pacificazione.

domenica 11 maggio 2008

CANDIDO O L'OTTIMISMO - Voltaire

"Nel ""Candido"" oggi non è il ""racconto filosofico"" che più ci incanta, non è la satira, non è il prender forma d'una morale e d'una visione del mondo: è il ritmo. (Italo Calvino)
Vi sono delle opere così spaventosamente grandi, questa è del numero, che schiaccerebbero chi lo volesse portare. La fine di ""Candido"" è per me la prova evidente di un genio di prim'ordine. C'è l'artiglio del leone in questa conclusione tranquilla, stupida come la vita. (Gustave Flaubert)"

Scritto a ridosso di eventi tragici come il terremoto di Lisbona e la guerra dei Sette anni, "Candido" è una ironica meditazione sul destino umano, sul senso della storia e sulla ricerca della felicità, impostosi immediatamente ai contemporanei, diventando uno di quei libri - come il "Don Chisciotte" o i "Saggi" di Montaigne - su cui si è formata la coscienza moderna. Il fatto è che "Candido", sintesi di un'acutissima intelligenza critica e di una consumata maestria stilistica, resiste ad ogni lettura riduttiva perché riesce a mantenersi in miracoloso equilibrio tra l'avventura e la parabola, tra il mito e il pamphlet, tra il ritmo frenetico della comica e l'elegante grazia rococò, tra la risata liberatoria e l'amaro sarcasmo della disperazione. Inafferrabile e sempre attuale, come tutti i classici, questo breve romanzo, a più di duecento anni dalla sua pubblicazione, continua a sorprendere generazioni di lettori con la carica del suo corrivo umorismo e la sua ironica e beffarda saggezza.

WASHINGTON SQUARE - Henry James

Nella prima metà del secolo scorso New York era una città attiva, giovane, dinamica tutta tesa ad espandersi dietro il limite erboso di Canal Street per arrivare fino all'altra estremità di Manhattan. In un tranquillo angolo residenziale, in Washington Square, dietro la rispettabile facciata di un edificio in arenaria, si consuma, nella quiete di stanze severe, una storia d'amore, di cinismo, di disprezzo ed egoismo. A differenza della passione che divampa e si spegne, questi sentimenti, implacabili e silenziosi accompagnano i personaggi della vicenda per tutta la loro vita e anche oltre. I due protagonisti principali nutrono in cuore la loro ossessione consapevoli che l'irriducibile tenacia di una spietata risoluzione non li porterà alla vittoria, ma li condannerà ad una gelida solitudine.

giovedì 21 febbraio 2008

ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE e ATTRAVERSO LO SPECCHIO - Lewis Carroll

Infaticabile inventore di giochi, indovinelli, rompicapo, calembour con i quali divertire le sue piccole amiche, Lewis Carroll (pseudonimo di Charles Lutwige Dodgson), il dolce e lievemente eccentrico lettore di matematica pura di Oxford, arrivò, nella sua smaccata complicità con i bambini, a fornire loro uno dei più sottili e formidabili strumenti di evasione dall'ordinato universo dell'Inghilterra vittoriana. La vivacità della fantasia, il nitore dello stile e la straordinaria qualità dell'umorismo rendono "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie" e "Attraverso lo specchio", i due libri che hanno come protagonista Alice, un classico immortale, tuttora in grado di avvincere qualsiasi pubblico.

lunedì 28 gennaio 2008