domenica 11 maggio 2008

CANDIDO O L'OTTIMISMO - Voltaire

"Nel ""Candido"" oggi non è il ""racconto filosofico"" che più ci incanta, non è la satira, non è il prender forma d'una morale e d'una visione del mondo: è il ritmo. (Italo Calvino)
Vi sono delle opere così spaventosamente grandi, questa è del numero, che schiaccerebbero chi lo volesse portare. La fine di ""Candido"" è per me la prova evidente di un genio di prim'ordine. C'è l'artiglio del leone in questa conclusione tranquilla, stupida come la vita. (Gustave Flaubert)"

Scritto a ridosso di eventi tragici come il terremoto di Lisbona e la guerra dei Sette anni, "Candido" è una ironica meditazione sul destino umano, sul senso della storia e sulla ricerca della felicità, impostosi immediatamente ai contemporanei, diventando uno di quei libri - come il "Don Chisciotte" o i "Saggi" di Montaigne - su cui si è formata la coscienza moderna. Il fatto è che "Candido", sintesi di un'acutissima intelligenza critica e di una consumata maestria stilistica, resiste ad ogni lettura riduttiva perché riesce a mantenersi in miracoloso equilibrio tra l'avventura e la parabola, tra il mito e il pamphlet, tra il ritmo frenetico della comica e l'elegante grazia rococò, tra la risata liberatoria e l'amaro sarcasmo della disperazione. Inafferrabile e sempre attuale, come tutti i classici, questo breve romanzo, a più di duecento anni dalla sua pubblicazione, continua a sorprendere generazioni di lettori con la carica del suo corrivo umorismo e la sua ironica e beffarda saggezza.

4 commenti:

assorbenti ha detto...

L'incontro per la discussione di questo libro si terrà sabato 14 giugno ore 19.00 a casa di Alessandro (e cena a buffet con
i cibi portati da ciascuno).

assorbenti ha detto...

carissimi carta assorbenti, vi lascio per tempo le mie scelte da meditare e eventualmente modificare, tutte economiche e tutte femminili,
se non l'avete letto, mi permetto di sponsorizzare la scelta de "la parete" che credo darebbe luogo a una bella e animata discussione ......


LA PARETE / Marlen Haushofer.
La parete è un diario. Il diario di una donna che all'improvviso si ritrova isolata dal mondo da una parete liscia e trasparente, sola, costretta a reinventarsi la propria vita, a riscoprire la propria autonomia e indipendenza e ad affrontare - anche praticamente - un quotidiano che si fa di giorno in giorno più faticoso e pieno di paure. Il diario di una trasformazione interiore e anche fisica. Sarà però proprio la solitudine a regalarle una dimensione nuova di apertura verso gli animali, verso la natura e soprattutto verso se stessa e a conferirle una nuova valorizzazione di sé.

84, CHARING CROSS ROAD / Hanff Helene
Frank Doel, commesso in una vecchia libreria antiquaria londinese - "l'unica creatura al mondo che mi capisca" - a soddisfare gli stravaganti desideri di una giovane scrittrice americana appassionata di saggi del Settecento, che con lui intreccia una fitta corrispondenza. Miss Hanff sogna per anni di sbarcare nell'"Inghilterra della letteratura", di conoscere di persona Doel e la libreria cui deve tanto. Ma Frank scompare prematuramente e la libreria chiude i battenti nel 1970. Helene Hanff approderà finalmente a Londra solo in occasione dell'uscita di queste lettere che rappresentano l'insolita parabola dal culto dei libri a quello che è diventato, grazie a una felicissima trasposizione filmica, un "libro di culto".

LA MOGLIE DI DON GIOVANNI / Némirovsky Irène
La moglie di don Giovanni è costituito dal testo della lunga lettera che una vecchia domestica in punto di morte, Clémence, scrive a una giovane signora dell'aristocrazia, Monique, che ha conosciuto bambina, ai tempi in cui era a servizio in casa dei suoi genitori. Risale ad allora lo scandalo che ha distrutto la famiglia: la madre di Monique, stanca dei tradimenti del marito, lo ha ucciso con un colpo di pistola. Clémence comincia rievocando la verità ufficiale, quella sanzionata dal tribunale che ha assolto la moglie assassina in quanto martire dei valori familiari. Nelle ultime dieci pagine si fa strada però un'altra verità, in cui i ruoli s'invertono e il denaro svolge un ruolo determinante: il nome di Clémence si rivelerà allora antifrastico e la sua voce dalle modulazioni sdolcinate e servili potrà mostrare tutta la propria distruttiva crudeltà

IL BALLO / Irene Nemirovsky
Un racconto di Irene Nemirovsky che è un piccolo classico e riesce a condensare i temi più complessi: la rivalità madre-figlia, l’ipocrisia sociale, la ricchezza improvvisata, le vendette dell’adolescenza.
La signora Kampf entrò nello studio chiudendosi la porta alle spalle così bruscamente che tutte le gocce di cristallo del lampadario, mosse dalla corrente d’aria, tintinnarono d’un suono puro e leggero di sonagli.
Inizia così il racconto della Némirovsky, un inizio pieno di grazia e che dà l’avvio preciso e acuto allo svolgersi del romanzo. Il lampadario troppo presuntoso e barocco è quello della casa dei signori Krampf, arricchiti che la addobbano con cattivo gusto, l’incedere nervoso e incalzante è quello della madre di Antoniette.
Antoniette è la figlia quattordicenne, costretta a imparare le buone maniere e l’inglese dalla signorina Betty. E’ una figlia senza talento e senza amore Antoniette, la madre la tratta con noncuranza, la signoria Betty ha un fidanzato che lei invidia, e la cosa peggiore si terrà un ballo in casa dei signori Kampf, un ballo per presentarsi alla mondanità più ipocrita, in cui Antoniette non potrà assistere, troppo piccola e impacciata lei, la madre troppo attenta a non sfigurare davanti alla giovinezza della figlia: ”Non potrei restare anche soltanto per un quarto d’ora? Un ballo… Mio Dio, mio Dio, era mai possibile che lì, a due passi da lei, ce ci fosse quella cosa splendida, che lei si immaginava vagamente come un insieme confuso di musica sfrenata, di profumi inebrianti, di abiti spettacolosi… Di parole d’amore..”, “nessuno le voleva bene, nessuno al mondo (…) Una bambina di quattordici anni, una ragazzetta, è un qualcosa di spregevole e infimo come un cane…”.
Inizia così con questo carico di odio e rivalsa la vendetta di Antoniette: la sera del ballo i genitori attendono che qualcuno arrivi, la madre fasciata in un vestito troppo stretto e in attesa di un amante che la porti via da un marito che non sopporta, un amante che le renda la bellezza che sta svanendo. Ad osservarla di nascosto, con rivalsa e con pietà, è la figlia Antoniette.

Anonimo ha detto...

Che bello, io Candido di Voltaire l'ho letto due anni fa circa. Fa molto pensare, e poi si ride da morire...bello davvero!

assorbenti ha detto...

Su 11 presenti, 7 hanno affermato di aver apprezzato il libro, 2 hanno espresso un giudizio negativo, i rimanenti 2 si sono tenuti neutrali.
A favore del testo sono state citate, tra le molte, le seguenti ragioni: è un "classico" ed esprime concetti che sono alla base del mondo moderno come lo conosciamo noi; esprime la descrizione di un viaggio
iniziatico; è "spiritoso"; è semplice in apparenza ma tocca molti punti, molti argomenti; è critico contro gli uomini di religione, ma non necessariamente contro la religione; è privo di moralismi; il protagonista è un semplice ma anche un nobile d'animo (un Forrest Gump
di 250 anni fa); rappresenta le brutture della natura umana ma in
termini comunque accettanti.
Elementi negativi invece sono: una certa frettolosità nella descrizione dei personaggi (quasi delle "macchiette") ed una mancanza di realismo; una satira ormai invecchiata; una certa complessità nei riferimenti richiamati dall'autore.
Una lista di domande recuperate da internet è stata utile per animare la discussione che si è protratta per circa due ore. In tale ambito numerosi sono stati i punti toccati: la perdita del "paradiso" all'inizio del libro e l'arrivo finale ad una situazione di solo parziale "happy end"; l'Eldorado è la continua necessità dell'uomo
di movimento e avventura, anche a costo di rinunciare al "migliore dei mondi possibili"; il rapporto tra miserie degli schiavi dei paesi d'oltremare e gli agi degli europei che consumano i beni prodotti con la sofferenza di altri uomini; la posizione della donna nell'"Età dei Lumi"; il ruolo del lavoro nella felicità dell'uomo.
Hanno colpito in modo particolare alcuni passaggi del capitolo finale del libro, quali il dialogo "zen" con il saggio derviscio e le frasi:
“Lavoriamo senza discutere,” fece Martino, “non c’è altro modo per sopportare la vita.”
“Voi dite bene,” rispondeva Candido; “ma noi bisogna che lavoriamo il nostro orto.»