martedì 13 ottobre 2009

MADRE E OSSA - Danielle Girard

Nel gennaio del 1997 arrivano alla Baldini & Castoldi, tramite un avvocato, cento cartelle dattiloscritte in francese firmate Danielle Girard, 47 anni, parigina. Maria Venturi, cui viene chiesto un illustre parere, ne è entusiasta, tanto da decidere di curarne la traduzione e scrivere una prefazione. Così nasce questo libro, che è il diario di una donna ricoverata in una clinica privata dopo il terzo tentativo di suicidio. Autocondannatasi a un silenzio inviolabile, chiusa in un mondo senza più reazioni, bisogni, futuro, viene convinta dalla giovane psichiatra che l'ha in cura e che non vuole rassegnarsi a perderla, a tentare almeno di mettere per iscritto alcuni pensieri: Sono la madre di Sophie... Sophie è nata a Parigi... Sophie ha una bambina... Sophie ha divorziato un anno fa... Tanto basta perchè la giovane dottoressa abbia la prima fulminante intuizione: Danielle si identifica totalmente nel ruolo di madre, e la figlia Sophie è una figura invasiva della sua realtà. Con estrema fatica ma in modo sempre meno sconnesso, e sempre più emotivamente coinvolgente, per la psichiatra e per i lettori, la donna riesce a trovare le parole per spiegare e capire le radici del suo disagio, del suo "male di vivere", del suo desiderio di morte. L'infanzia isolata e difficile (un'ammissione dolorosa fatta per la prima volta sui fogli bianchi della clinica), un matrimonio affrettato e una gravidanza subita e non consapevolmente scelta, e poi l'innocenza della figlia violata dal padre quando aveva solo tre anni, l'adolescenza distrutta dalla certezza che la madre avesse sempre saputo e taciuto, questa "verità" buttata in faccia con un odio talmente insopportabile da ingenerare per autodifesa, l'odio di Danielle per la ragazza.Madre e ossa è la storia vera di una madre e di una figlia, una storia sì angosciosa, ma anche illuminante, che analizza senza tabù etici e culturali.

3 commenti:

Massimo ha detto...

Erano presenti: Alessandro, Alessandra II, Maddalena,
Luisella, Massimo II, Giovanna, Donatella, Oscar e, per la prima volta
ed per ora in qualità di ascoltatrice, Patrizia (prego Giovanna di
inoltrarle il presente messaggio).
Il romanzo di agosto ha riscosso
l'apprezzamento di tutti i presenti ad iniziare dal proponente Oscar
che aveva voluto affrontare il tema delle relazioni familiari anche
negli altri libri della terna da lui individuata. Ad Oscar "Madre e
ossa" è piaciuto molto in quanto vicino alla sua sensibilità e in
quanto l'ha fatto riflettere su eventi non "metabolizzati". Il finale è
stato giudicato "sensato" e pieno di speranza. Altrettanto ha sostenuto
Alessandra che è rimasta molto colpita dal libro ed ha trovato molto
reali le esperienze descritte di incesto e di essere figli di un
genitore sordomuto.
Nel dibattito della serata, tra le altre cose, ci
si è domandati se il testo fosse veramente un memoriale oppure fosse
frutto di un artificio letterario. Maddalena opta per la prima ipotesi
ed apprezza la bellezza del sacrificio della figlia per la madre.
Massimo invece sceglie la seconda ipotesi in quanto il finale gli
sembra troppo "perfetto" e si domanda: qual'è la verita? la verità
della madre? o quella non scritta della figlia? Anche Luisella rileva
questa "carenza" ma esprime empatia per la madre. Ad Alessandro sarebbe
piaciuto conoscere i punti di vista anche del marito e della psicologa.
Giovanna ha trovato tra madre e figlia una complementarietà "maledetta"
come tra due ingranaggi ed è stata colpita dalla personalità della
madre che "scivola" ma non agisce. Infine, Donatella ha apprezzato il
libro per forma e per contenuti, è rimasta colpita dall'anafettività
totale della madre, ritiene trattarsi di una storia vera ma le viene il
sospetto che il memoriale sia frutto di una visione distorta.

Giovanna ha detto...

La mia opinione su questo libro è in eguale misura positiva e negativa.
Positiva per il contenuto, negativa per la struttura.
Non so se è vera la modalità con cui è arrivato alla Casa Editrice, in ogni caso avrei apprezzato una revisione ed una sistemazione in forma più "normale", diciamo, magari scegliendo la dottoressa Dupré (o era Dubois???) come voce narrante.
Le circostanze in cui è stato scoperto il libro, e la forma disordinata ed incompleta in cui ci viene presentato, mi sembrano un inutile espediente per aumentare il pathos: cosa assolutamente non necessaria! Mi ricorda certe prefazioni a libri, il più famoso è "Manoscritto trovato a Saragozza", quando fintamente viene detto che il testo è stato trovato in situazioni del tutto casuali o avventurose.
Ecco, presentarlo semplicemente come un racconto fatto dalla dottoressa della clinica psichiatrica, avrebbe tolto quell'effetto drammatico troppo calcato.
Le frasi lasciate in sospeso, i fogli di carta con un'unica frase, e quant'altro, mi hanno infastidito perchè non sono convinta della loro naturalezza. E se anche fosse, non aggiunge nulla alla storia che di per sè è sufficientemente dolorosa.
Dico subito che a me è sembrata più "matta" Sophie che non la madre Danielle; costei a mio parere ha solo peccato di debolezza, di passività, ha fatto l'enorme sbaglio di sposarsi e poi di non sciogliere il matrimonio quando era il momento, non giustificata nè dall'età nè dall'epoca.
Infatti se facciamo attenzione, Sophie è nata quando Danielle non aveva neppure vent'anni; non era quindi una donna in età matura che sposerebbe chiunque pur di avere una famiglia e figli, non aveva motivi economici (anzi, per sposarsi aveva lasciato un lavoro che amava) e soprattutto lo ha fatto in un'epoca che io ricordo molto bene, primi anni Settanta, quando già le donne avevano capito che era preferibile lavorare anzichè sposarsi, e quando i divorzi cominciavano ad essere socialmente accettati.
Per cui, il vero peccato di Danielle è stato quello di fare una scelta sbagliata, i cui effetti negativi sono ricaduti sia sul marito che sulla bambina; e ha raddoppiato il suo peccato di passività e di insipienza nel portare avanti il suo matrimonio.
La descrizione precisa, a un certo punto del libro, del suo benessere economico mi ha fatto pensare che forse, se avesse avuto più fame, avrebbe avuto meno grilli per la testa e si sarebbe crogiolata di meno nelle sue paranoie!

Giovanna ha detto...

Quanto a Sophie, secondo me la vera "matta" è lei; il pensiero controfattuale che manifesta fin dall'infanzia, applicandolo a una serie di cose reali che dovrebbero essere incontestabili, è il segnale più chiaro della sua follìa. Secondo me lei era consenziente nel rapporto con il padre (guarda caso, l'ultimo numero di Panorama parla di abusi familiari e anche di bambini e ragazzini tutt'altro che vittime) e quando la madre glielo ha sottratto, lei le ha giurato un odio eterno.
Non solo, ma il fatto che Sophie da grande si sia scelta un amante di vent'anni più vecchio, benestante, e perdipiù con lo stesso nome del nonno materno, indica l'esistenza di un complesso di Edipo irrisolto.
Alla fine questa giovane donna pratica, pragmatica, concreta ecc. (bello l'esempio di Sophie in montagna, che invece di guardare il cielo pulsante di stelle si mette a piantare la tenda) finisce per suicidarsi all'improvviso. Che dire? io penso che vivesse nella finzione, davanti a sè stessa prima che davanti agli altri; il suo legame con l'uomo anziano e ricco le dava la possibilità di rivivere il legame col padre, protettivo e rassicurante; venuto meno per la seconda volta, essa improvvisamente si è trovata spiazzata ed ha preferito autodistruggersi.
La madre Danielle ha provato tre volte a suicidarsi, senza riuscirvi: la figlia c'è riuscita al primo colpo. La madre, Danielle, si dovrà far carico della povera nipotina: e questo mi ricorda la nonna e la nipotina di "Và dove ti porta il cuore", sperando che non finisca allo stesso modo: e cioè che la bimbetta, crescendo, si rivela crudele e odiosa come la mamma nei confronti della vecchia nonna!!!