giovedì 26 novembre 2009

LA MOGLIE DI DON GIOVANNI - Irène Némirovsky

Una moglie senza bellezza, un marito tropppo bello: un duello che porterà alla tragedia. Ritratto al femminile, racconto crudele e perfetto di Irène Némirovsky sulla vita, sull'amore, sulla verità.
L’escamotage narrativo è quello di una lunga lettera: una lettera scritta in più giorni dove un’anziana domestica, Cleménce, rivela a una giovane madre i segreti della sua famiglia.
La ragazza si chiama Monique. Era figlia di una donna dell’alta società parigina – ricca, sgraziata, di un’intelligenza irrequieta ma docile – e di un uomo bellissimo, una sorta di nobile decaduto senza un soldo che faceva del fascino la sua sola ricchezza. Lui si chiamava Henry, ma la sua creatrice – Irène Némirovsky – gli dà il nome che più di ogni altro lo può connotare: don Giovanni.
Nome che evoca notti alla ricerca di una qualsiasi gonnella, di amori saltellanti e fugaci, di sfida con l’assoluto e con la morte per obbedire alla propria irrinunciabile natura di libertino. “Lui”, don Giovanni, lo conosciamo bene. Ma di “lei”, del suo complemento femminile, non ha mai scritto nessuno.
Ci ha pensato questa autrice franco-ucraina, da pochi anni salita alla ribalta delle classifiche italiane con lo strabiliante Suite francese. Irène Nemirovski – morta ad Auschwitz nel ’42 – aveva perfezionato il suo meraviglioso francese letterario in pochissimi anni, da quando, travestita da contadina, era scappata da Kiev per arrivare a Parigi. Molti racconti pubblicati qua e là, un romanzo d’esordio (David Golder) che stupì il suo editore per la capacità di penetrazione psicologica. La Nemirovsky apparteneva al mondo dell’alta borghesia ebraica, lo vezzeggiava e lo detestava. Soprattutto detestava la madre, figura di donna arrivista e fredda che più di una volta percorrerà i suoi scritti.
Molte delle opere della Nemirovsky (la maggior parte delle quali ancora non sono state tradotte) parlano al femminile, e riproducono un’immagine ora benigna e ora maligna – ma sempre complessa – di quella donna che era la stessa autrice e del suo incompiuto tentativo di dialogo con la madre.

4 commenti:

Massimo frico ha detto...

L'incontro per questo libro sarà venerdì 18 Dicembre a casa di AlessandrO

Il prossimo libro verrà proposto da AlessandrO

Martedì 29 dicembre ci incontreremo per il consueto scambio di regali in un luogo da definire. Come di consuetudine proponiamo come regali uno scambio di libri: ogni partecipante porta un libro che può essere nuovo o usato, grande o piccolo, bello o brutto ma assolutamente in confezione regalo. I libri vengono messi insieme e poi distribuiti casualmente tra i presenti. Il libro portato non si sa a chi andrà.

AlessandrO ha detto...

Ecco le mie proposte:

- Saramago José, Cecità, Einaudi, 2008, p. 315, € 11,50
Uno dei più bei libri che abbia mai letto. Il premio Nobel per la letteratura portoghese ci prende per mano e ci conduce in una delle rappresentazioni allo stesso tempo più cupe e più luminose sull'umanità. Una sorta di viaggio all'Inferno per un approdo a "riveder le stelle".
La trama: In una città qualunque, di un paese qualunque, un guidatore sta fermo al semaforo in attesa del verde quando si accorge di perdere la vista. All'inizio pensa si tratti di un disturbo passeggero, ma non è cosi. Gli viene diagnosticata una cecità dovuta a una malattia sconosciuta: un "mal bianco" che avvolge la sua vittima in un candore luminoso, simile a un mare di latte. Non si tratta di un caso isolato: è l'inizio di un'epidemia che colpisce progressivamente tutta la città, e l'intero paese. I ciechi, rinchiusi in un ex manicomio e costretti a vivere nel più totale abbruttimento da chi non è stato ancora contagiato, "scoprono - come ha scritto Cesare Segre - su se stessi e in se stessi, la repressione sanguinosa e l'ipocrisia del potere, la sopraffazione, il ricatto e, peggio, l'indifferenza". Tra la violenza e la lotta per la sopravvivenza si inserirà la figura di una donna che, con un gesto d'amore, ridarà speranza all'umanità.

- Al-Aswani 'Ala, Palazzo Yacoubian, Feltrinelli, 2007, p. 216, € 7,50
Niente piramidi, ovviamente, ma un Egitto moderno rappresentato tramite le storie degli abitanti di un condominio al Cairo. Storie parallele, vite che scorrono una accanto all'altra senza mai incrociarsi. Un palazzo che contiene in sé tutto ciò che l'Egitto era ed è diventato. Oltre ai numerosi protagonisti, in questo romanzo campeggia la denuncia della società, della politica egiziana e dei movimenti islamisti, una denuncia particolarmente cara ad al-Aswani che oggi è uno degli esponenti di punta del movimento di opposizione egiziano Kifaya.
Piacevole, avvincente, ricco di spunti di riflessione.

- John Steinbeck, Uomini e topi, Bompiani, 2001, p. 128, € 7,50
Diventato quasi un classico, "Uomini e topi" narra la storia tragica e violenta di due braccianti che trovano lavoro in un ranch della California, il grande Lennie, gigante buono e irresponsabile e il saggio George, guida e sostegno dell'amico nella vana resistenza alla miseria del mondo. Contiene una delle più intense descrizioni della solitudine che io abbia mai letto.

Max II ha detto...

Grazie a Marinella per la proposta (l'autrice mi era completamente sconosciuta, ed è stata una piacevole scoperta come nel passato ad es. Alice Munro e quel mattacchione del reverendo Abbott). A dir la verità, dal tono molto deferente usato dalla voce narrante, mi sarei aspettato un finale più spettacolare, uno gettare la maschera, un cambiamento di tono e di prospettiva come nel film "Il servo" di Losey, o come nel romanzo "Grottesco" di Mc Grath (a proposito di quest'ultimo autore, secondo me è alla ricerca di un record: riesce ogni volta che scrive un libro, a renderlo più brutto del precedente, e sta raggiungendo vette impensabili di assurdità e noia, se si pensa ai suoi primi romanzi...). Mi sono venuti in mente un paio di finali alternativi per "La moglie di don Giovanni", ma la specialista in questo settore è naturalmente Maddalena.
Concludo citando una frase dall'interessante postfazione, che mi ha molto colpito: "Nel momento in cui ci rendiamo conto di non interessare più a nessuno, nel momento in cui questa consapevolezza, anzichè farci soffrire, ci consola e ci calma, allora non siamo più giovani".

Moderatoe ha detto...

Il nutrito (in tutti i sensi, soprattutto alimentari!) gruppo era composto da: Giovanna, Mirella, Patrizia, Oscar, Gabriella, Maddalena, Marinella, Donatella, Massimo UD, Luisella, Alessandro, Alessandra e, per la prima volta, Paolo e Giuseppe (che speriamo non si siano spaventati troppo e che saranno con noi anche nei prossimi incontri).
Il libro è generalmente piaciuto, anche se sei persone (Alessandro,
Alessandra, Luisella, Patrizia, Massimo UD, Maddalena), pur apprezzando lo stile, hanno espresso delle riserve in ragione della brevità del testo, dell'argomento (l'adulterio) ritenuto poco interessante (lettura piacevole ma è stato come bere un bicchiere d'acqua che non lascia nulla, è stato detto) oppure del "fastidio" provato per la voce narrante (ritenuta ambigua e servile).
La proponente Marinella ha
raccontato del suo entusiasmo per le opere della Nemirovsky, da lei
scoperta recentemente e della quale apprezza in modo particolare la maturità e la profondità di pensiero nonostante la sua attvità di scrittrice si sia estesa in un arco di un vita particolarmente breve (è nata nel 1903 e morta nel 1942 ad Auschwitz).
Chi invece ha detto "sì, il libro mi è piaciuto" ha apprezzato invece la brevità del racconto
(Giuseppe, ad esempio, ha fatto l'analogia con un quadro la cui
bellezza non è proporzionata alle sue dimensioni). Donatella ha
sottolinato le ragioni psicologiche (disillusione, derisione subita...) che hanno indotto la "Signora" al delitto.
Paolo e Giovanna hanno
sottolineato l'abilità della scrittrice di rendere bene il mondo, l'ambiente in cui la vicenda si svolge (Giovanna ha segnalato echi e somiglianze trovati in numerosi libri e film). Mirella ha apprezzato lo stile del libro ritenuto simile, per l'uso parco di parole, ad un "acquarello" e ad una sceneggiatura. Oscar ha sottolineato l'abilità
dell'autrice di raccontare una vicenda in cui il punto saliente non è al centro ma alla "periferia" della narrazione. A Gabriella, invece, ha colpito in modo particolare il disincanto ed il realismo del libro.
Queste e molte altre onsiderazioni sono state arricchite, nel generale dibattito e tra le molte cose dette, da ulteriori riflessioni sul rapporto intercorrente nel passato tra servitù e padroni, tra uomo e
donna, nonchè sulle trasformazioni della vita famigliare.