martedì 26 ottobre 2010

PALAZZO YACOUBIAN - 'Al Aswani-Ala

Costruito negli anni trenta da un miliardario armeno, Palazzo Yacoubian contiene in sé tutto ciò che l'Egitto era ed è diventato da quando l'edificio è sorto in uno dei viali del centro. Dal devoto e ortodosso figlio del portiere, che vuole entrare in polizia ma che finirà invece a ingrossare le già folte milizie islamiste, alla sua fidanzata, vittima delle angherie dei padroni; dai poveri che vivono sul tetto dell'edificio e sognano una vita più agiata al gaudente signore aristocratico poco timorato di Dio e nostalgico dei tempi di re Faruk che indulge in piaceri assolutamente terreni; dall'intellettuale gay con la passione per gli uomini nubiani, che vive i suoi amori proibiti neanche troppo clandestinamente, all'uomo d'affari senza scrupoli del pianterreno che vuole entrare in politica. Ciascuno di questi personaggi si ritroverà a compiere delle scelte: quale ne sia l'esito, sarà il lettore a deciderlo. Ognuno interpreta una sfaccettatura del moderno Egitto dove la corruzione politica, una certa ricchezza di dubbia origine e l'ipocrisia religiosa sono alleati naturali dell'arroganza dei potenti, dove l'idealismo giovanile si trasforma rapidamente in estremismo e dove ancora prevale un'immagine antiquata della società. Campeggia in questo romanzo la denuncia dei costumi inquinati, della politica egiziana e dei movimenti islamisti, una denuncia tanto cara ad al-Aswani che oggi è uno degli esponenti di punta del movimento di opposizione Kifaya.

7 commenti:

Marinella ha detto...

L'egitto, un luogo bellissimo dove per pochi soldi si vedono le piramidi e tante altre cose belle, dove con pochi soldi si va in feluca sul nilo o nel deserto a bordo di un cammello.
l'egitto è visitato ogni anno da milioni di persone felici e estasiate dalla bellezza e dalla storia millenaria che non percepiscono la ferocia della dittatura al governo.
il principale merito del libro del mese è quello di farci vivere la terrificante realtà degli abitanti del palazzo yacoubian, cioè dell'egitto.
costruito alla maniera avvincente di altman, è una feroce e impietosa denuncia della dittatura e di quello che ne deriva:
tortura, corruzione, ingiustizia, repressione, fanatismo, avvilente condizione delle donne e degli omosessuali, ipocrisia, povertà.............
un libro sgradevole, in certe descrizioni insopportabile, ma necessario.

sono quindi per il SI'

assorbenti ha detto...

La terna di libri che propongo ha un filo conduttore che riguarda i tre autori. Tutti triestini, tutti viventi, nella loro produzione letteraria di sono occupati di James Joyce. Solo l’ultimo libro non riguarda direttamente Trieste e Joyce, ma è stato scritto da un suo valente studioso.
Se siete interessati, potrei contattare l’autore prescelto ed invitarlo al nostro incontro, ovviamente non garantisco la venuta. Ma non si sa mai, la scrittura prevede anche una buona quota di narcisismo per cui…

Piccoli inganni inutili
Roberto Curci
MGSPress
Euro 12,50

Chi fosse quella fanciulla, ancora oggi, rimane un mistero. Anche se nel 1968 Richard Ellmann, nell’introduzione all’inedito testo di James Joyce intitolato con grande ironia Giacomo Joyce, sparava un nome: Amalia Popper. Per l’autore della monumentale biografia dedicata allo scrittore irlandese non c’erano dubbi. Era la figlia dell’uomo d’affari ebreo Leopoldo Popper la “gentle creature”, la “lady of letters”, la “virgin most prudent”, l’allieva triestina amata in silenzio dallo scrittore dell’Ulisse.
E allora, fine della storia? No, perchè quasi trent’anni dopo, nel 1996, il giornalista e scrittore triestino Roberto Curci aveva riaperto quel piccolo giallo che continua a far discutere gli studiosi joyciani. Con il libro Tutto è sciolto, si era messo a seguire le tracce di Amalia Popper e di altre possibili candidate al ruolo di «gentle creature». Tra cui poneva in primo piano soprattutto Emma Cuzzi. Ma, ancora una volta, mancava la certezza, la prova definitiva.
E allora? Semplice, a Roberto Curci non restava che rielaborare l’intera storia con la fantasia. Provando a volare oltre i rigidi confini stabiliti dai documenti, dalle testimonianze, che ogni studioso, ogni biografo, deve rispettare con scrupolo. E infatti, proprio in questa direzione si è incamminato il giornalista e scrittore, per lunghi anni responsabile delle pagine culturali del «Piccolo». Dedicando al mistero della joyciana «gentle creature» il primo dei quattro racconti che compongono il suo nuovo libro: Piccoli inganni inutili, pubblicato da Mgs Press.
«Un mix di realtà e invenzione, di fatti realmente accaduti e di fatti immaginati (o fantasticamente distorti)»: come già aveva fatto per La bora in testa, il suo romanzo del 2005, anche questa volta Curci mette subito in tavola le carte. Così può riportare in scena Filippo Leis, il suo personaggio che lavora alla «Gazzetta» di T., con il ruolo di responsabile della pagina culturale, per metterlo sulle tracce di Silvia Risolo. La figlia di Amalia Popper e di Michele Risolo. L’unica persona al mondo che poteva dire una parola definitiva sull’intricata storia dell’amore triestino di Joyce.

assorbenti ha detto...

Intrecciando con abilità storie vere e inventate, Curci approfitta per raccontare un personaggio ormai dimenticato come Silvia Risolo. Scrittrice trasferitasi a Londra, custode di una tormentata memoria di famiglia. Perseguitata lei stessa dai fantasmi del passato e del presente. Il mistero, come è giusto, rimane. E non si risolve neanche l’altro enigma a cui lo scrittore dà voce nel secondo racconto, In limine primo. Quello legato, cioè, al suicidio di Anna Pulitzer, la giovane amica di Scipio Slataper. La tormentata donna che lo scrittore del Mio Carso chiamava Gioietta. E a cui ha indirizzato lettere di straziante bellezza. Anche se, in questo caso, un’ipotesi che provi a giustificare l’inspiegabile, inaccettabile fine della ragazza, viene formulata proprio nelle ultime righe del racconto.
Ma dove Curci si concede davvero la gioia di lasciarsi trasportare dalla libertà del racconto, il suo giornalista Filippo Leis diventa un emblema di quella rapidissima, traumatica rivoluzione che in meno di vent’anni ha trasformato le redazioni, le tipografie dei quotidiani da misteriosissimi, appartati antri dove si distillava l’informazione a modernissimi uffici dove si tenta di tenere dietro agli scoop della tivù, della rete. In Parce sepulto, il protagonista si trova brutalmente estromesso dalla redazione della «Gazzetta», dove ha lavorato per più di trent’anni. E, tallonato dai debiti, prova a reinventarsi accettando di scrivere per un editore di buon nome un libro dedicato ai cimiteri di Trieste.
Girando tra le tombe, provando a decifrare le storie di chi è sepolto lì dalle funamboliche iscrizioni che trova sulle lapidi, Leis ripercorre la sua rapidissima caduta non solo nel mondo del giornalismo, ma anche nella scala sociale. Quando alza gli occhi e si guarda attorno capisce che è tutto un mondo che si sta sgretolando. Il suo mondo, invecchiato forse troppo in fretta. Accantonato da chi non sa rispettare il valore delle persone. Da chi cerca di liberarsi dall’ingombrante presenza della memoria.
Il calvario di Leis si completa nel racconto Qui gladio ferit. Quando scopre, riordinando per conto del museo un vecchio archivio fotografico, che il vecchio collega a cui aveva sottratto il ruolo di capo delle pagine culturali, senza alcuna intenzione di fargli del male, ma obbedendo soltanto a un preciso volere del direttore, in realtà aveva intessuto una storia d’amore con una sua vecchia fidanzata. Proprio quella che lo aveva scaricato senza troppi giri di parole. E anche in questa storia, rispettando un preciso modello narrativo, la rivelazione che dà un senso a tutto arriva proprio nelle battute finali.
Abile nell’intrecciare verità e finzione, fino a far perdere la linea dell’orizzonte anche al lettore più navigato, Curci segue un suo modello narrativo che molto deve a ottime letture. A una grande curiosità per le verità non ufficiali che accompagnano le biografie di artisti e scrittori. Alla capacità di stare in equilibrio sul confine che separa commedia e tragedia.
Roberto curci è giornalista, scrittore e critico d’arte. Ha curato per anni la pagina culturale del Piccolo. Ha scritto e curato tra l’altro mostre su Dudovich ed il cartellonismo. Altri libri: La bora in testa, Bianco, rosa e verde (scritto con Gabriella Ziani), Civilissimo e barbaro. Marcello Mascherini scultore ed altri ancora.

assorbenti ha detto...

La casa di Amalia
Carla carloni Mocavero
Ibiskos Editrice Risolo euro 15.50
La storia di un’infatuazione agli inizi del ventesimo secolo che coinvolge uno degli autori più indagati dalla critica letteraria,James Jcyce, e la storia di una famiglia ebraica sottoposta alla tragedia della persecuzione nazi-fascista che ha pagato un duro prezzo in termini di vite umane e di sofferenza. In mezzo a questi due fatti che solleticano la curiosità del lettore sta l’impianto rievocativo dell’opera in cui emerge, lateralmente, l’ossesione di Giulia con la sua crisi di mezza età.
Una lettera ritrovata e subito scomparsa riallaccia la Trieste di Joyce a quella attuale.
In un gioco di specchi personaggi ed avvenimenti si compongono e scompongono continuamente; la famiglia Popper e Joyce da una parte, Giulia e lo studioso O'Duffy dall'altra si intersecano, si confondono, si fondono.
Anche il lettore viene ripreso dagli specchi che non si limitano a fotografare, ma fanno emergere, colorano, finiscono con il plasmare la realtà.

Autrice Carla Carloni Mocavero
Nata a Perugia, trasferitasi a Roma dove ha scritto per l’Osservatore Romano, da trent’anni vive a Trieste con la famiglia.
Si è interessata di religioni,psicologia, pari opportunità, diritto di famiglia scrivendo su Vita Nuova, Il Piccolo, trasmissioni radiofoniche…
E’ particolarmente attiva nell’associazionismo, ha fondato la Consulta Femminile del Comune di Trieste ed è stata presidente della Commissione Regionale Pari opportunità del F.V.G.
Ha pubblicato libri di poesie e due romanzi.

assorbenti ha detto...

La regola di Tremaux
Renzo Stefano Crivelli
Gli Aironi di Interlinea euro 12

Un bancario con la passione per i poemi antichi e i labirinti ha lasciato il proprio lavoro e cambiato la propria vita grazie a un articolo scritto per il giornale della città, in cui si riconosce Novara. Diventatone caporedattore, l'uomo si ritrova però a dover fare i conti con una misteriosa "proprietà", che controlla il giornale attraverso alcune veline. Deciso a smascherarla, l'uomo si butta a capofitto alla ricerca dello scoop che la possa infangare e attraverso cui negoziare una migliore posizione economica. L'incontro con un'affascinante donna altoborghese e la scoperta di un complicatissimo labirinto cui applicare la Regola di Trémaux, l'inventore ottocentesco di un infallibile metodo per entrarvi ed uscirne indenni, lo porteranno forse alla svolta definitiva della sua vita.
Renzo S. Crivelli è ordinario di Letteratura Inglese alla Facoltà di Lettere dell’Università di Trieste e direttore del Dipartimento di Letterature e civiltà anglo-germaniche. È autore di molti saggi di letteratura inglese, americana e canadese. Tra i suoi libri figurano: Gli accordi paralleli: letteratura e arti visive , L’Universo indifferente: la poesia di Ted Hughes, Né falchi né colombe: poesia inglese dal New Movement al Group, James Joyce: itinerari triestini. È direttore della Trieste Joyce School dell'Università di Trieste e della rivista letteraria Prospero. Collabora con le pagine letterarie di numerosi giornali italiani, tra i quali l‘inserto letterario del Sole Ventiquattrore.

Max TS ha detto...

Cari assorbilibri, ho appena terminato "Palazzo Yacoubian" e senza parlarvi della trama, volevo di getto esprimere le mie prime impressioni (a voce spesso mi inciampo e dimentico le cose)

Anzitutto, ti passa la voglia di andare in Egitto. E' possibile odiare tanto il proprio paese ma continuare a viverci? Paradossalmente autori islamici quali Tahar Bel Jelloun (che è autore di un breve romanzo, dall'inequivocabile titolo "Corrotto!"(scritto nella sua fase "realistica", poi è passato ahimè - scusami Massimo - in una fase più visionaria: vedi i quasi illeggibili "Creatura di sabbia" e "Notte fatale"), o Khaled Hosseini (quello degli aquiloni e dei mille splendidi soli), che guarda caso vivono all'estero, pur non risparmiando critiche al proprio Paese, lasciano trasparire nelle loro pagine sentimenti quali l'affetto o una lirica nostalgia per la loro terra.
Il romanzo sugli inquilini di Palazzo Yacoubian è certamente scorrevole e non annoia mai. Ma lo stile oggettivo, quasi naturalistico, freddo e distaccato, senza nessuna partecipazione emotiva, trasmette una sensazione di gelo. L'aggettivazione, soprattutto nella descrizione delle grazie femminile è spesso ripetitiva e ridondante (ad es. le natiche delle donne un paio di volte (non mi sono segnato le pagine, ma giuro di averlo letto) sono definite "frementi"). Gli uomini sono tutti lascivi, ridicoli e corrotti, le donne (anche quelle che l'autore vorrebbe far apparire come vittime) non ispirano maggior simpatia. La società egiziana non ne parliamo: la descrizione continua, senza mai un attimo di respiro, della sopraffazione a tutti i livelli, unito a sporcizia, disordine, violenza, ingiustizia, ipocrisia, ti lascia veramente sgomento. Se davvero tutti gli arabi e in generale i mediorientali sono così, c'è davvero da avere paura per il futuro. L'improvviso lieto fine stile Bollywood non consola, è qualcosa di appiccicaticcio e suona falso. E' mai possibile che questo libro - che trasuda rancore - sia da anni in cima alle classifiche egiziane? D'altra parte anche da noi "Gomorra" - naturalmente assimilabile a "Palazzo Yacoubian" soltanto per la denuncia sociale - ha venduto tanto...

Comunque, il libro, pur facendomi disprezzare l'umanità (ma siamo davvero così? o lo eravamo cinquant'anni fa?), merita un voto positivo. Il fatto più grave è che finito il libro, facendo io parte dell'umanità, provo un senso di schifo anche verso me stesso...

Cambiando argomento, caro Alessandro, l'esempio di "Anni senza fine" non è pertinente: si tratta di un libro che può piacere o meno, ma indiscutibilmente è uno dei più celebrati romanzi di fantascienza.

assorbenti ha detto...

discussione a cui hanno partecipato Loredana, Marisa, Maddalena,
Giovanna, 2 Massimi (UD e TS), Alessandra, Alessandro, Giuseppe,
Mirella, Patrizia, Oscar, Gabriella. Era anche presente Maria.
La sfida tra i "mi è piaciuto" e il "non mi è piaciuto" è stata vinta di misura dai primi (5, ovvero Alessandro, Mirella, Massimo Ud alias Frico, Gabriella, Loredana) sui secondi (2, cioè Maddalena e Giovanna). Alto il numero dei "ni" (5).
Quali gli elementi "pro" e quali quelli "contro" de "Palazzo Yacoubian"?
Sui PRO è stato generale
l'apprezzamento per la scorrevolezza della storia, sui CONTRO è stata rilevata da più parti una certa superficialità nella descrizione dei personaggi e di determinate condizioni (donna, omosessualità, ecc.), nonchè una certa cupezza della storia che generato in alcuni un vero e
proprio senso di fastidio. La discussione ha toccato in modo
particolare anche il tema degli attacchi suicidi degli estremisti
islamici in relazione ad uno dei personaggi del romanzo.
Nello specifico dei commenti positivi, è stato detto che "Palazzo Yoacoubian" appare come una feroce denuncia di un mondo (l'Egitto) a noi in gran parte sconosciuto (Loredana, la "proponente", e Alessandro), ma non
genera compassione (Mirella che, tra l'altro, trova il libro più
macchiettistico che di denuncia vera e propria). Gabriella ha
sottolineato l'efficacia dello scrittore nel descrivere la terribile situazione delle donne egiziane, mentre Massimo Frico rileva il buon ritmo della narrazione, simile quasi ad un film.
Sull'altro "versante" Giovanna ha trovato sgradevole la descrizione di una società così terribile e Maddalena, mentre leggeva, ha avuto la sensazione di avere tra le mani un libro "non sincero", scritto da un ricco benpensante (l'autore è un dentista) che pensa che i poveri siano delle nullità.
I 5 "ni" hanno individuato una pluralità di aspetti positivi e negativi che rendono difficile una classificazione univoca del libro. Ciò è particolarmente vero per Alessandra, ma - pur in maniera minore - anche per Giuseppe (che pensa che il libro sia un "beautiful di storie che s'intrecciano" con alcuni contenuti fastidiosi), Marisa (che ritiene il
romanzo piacevole ma con troppi "cliché"), Oscar (che parla di un ritmo televisivo ma per una storia poco convincente) e Patrizia (che esprime la sua convinzione sull'essere l'opera un romanzo sul potere e il suo stupore per essere "Palazzo Yacoubian" il secondo dei libri più letti nel mondo arabo).