sabato 15 maggio 2010

GLI SCALI DEL LEVANTE - Amin Maalouf

Il romanzo, attraverso la storia dell'ultimo discendente della dinastia imperiale ottomana, ripercorre gli eventi storici che hanno segnato la politica del Medio Oriente dalla caduta dell'Impero Ottomano fino alla nascita dello Stato d'Israele e alla guerra civile in Libano. Ossyan, principe ottomano, nato da una famiglia intollerante nei confronti delle divisioni etniche, si ritrova eroe della Resistenza francese. Mentre lotta per liberare la Francia dai nazisti, conosce Clara, un'ebrea di cui si innamora perdutamente. Insieme a lei vive la sua vera rivoluzione: lui, musulmano, sposa un'ebrea proprio quando il mondo intero è rassegnato a vedere arabi ed ebrei ammazzarsi tra loro.

L'incontro per la discussione di questo libro sarà venerdì 28 maggio a casa di Giuseppe

4 commenti:

Max F. ha detto...

Proposte per il prossimo mese (1°)
ESTASI CULINARIE - Barbery Muriel - E/O collana tascabili - 8€ - 139pagg.
Nel signorile palazzo di rue de Grenelle, già reso celebre dall'"Eleganza del riccio", monsieur Arthens, il più grande critico gastronomico del mondo, il
genio della degustazione, è in punto di morte. Il despota cinico e tremendamente egocentrico, che dall'alto del suo potere smisurato decide le sorti degli chef più prestigiosi, nelle ultime ore di vita cerca di recuperare
un sapore primordiale e sublime, un sapore provato e che ora gli sfugge, il Sapore per eccellenza, quello che vorrebbe assaggiare di nuovo, prima del trapasso. Ha così inizio un viaggio gustoso e ironico che ripercorre la
carriera di Arthens dall'infanzia ai fasti della maturità, attraverso la celebrazione di piatti poveri e prelibatezze haute cuisine. A fare da contrappunto alla voce dell'arrogante critico c'è la nutrita galleria delle sue
vittime (i familiari, l'amante, l'allievo, il gatto e anche la portinaia Renée), ciascuna delle quali prende la parola per esprimere il suo punto di
vista su un uomo che, tra grandezze pubbliche e miserie private, sembra ispirare solo sentimenti estremi, dall'ammirazione incondizionata al terrore, dall'amore cieco all'odio feroce. Il romanzo d'esordio di Muriel Barbery.

ALEXIS O IL TRATTATO DELLA LOTTA VANA - Marguerite Yourcenar - Feltrinelli -
6.50€ - 96 pagg.
Romanzo che nel 1929 segno' l'esordio di Marguerite Yourcenar nella letteratura, "Alexis" ha la qualita' propria dei libri che restano nel tempo: una grandezza che si riconosce solo piu' tardi, come e' avvenuto per l'"Opera
al nero" e per le "Memorie di Adriano". E' la storia di un giovane che cerca di uscire dalla situazione falsa che mette in scacco il suo matrimonio. AL momento di abbandonare la moglie, egli le scrive le ragioni del suo distacco, chiamandola a testimone della lotta vana che ha condotto contro la propria inclinazione omosessuale. Reagendo a una prova precedente che indulgeva alla
moda delle biografie romanzate ("Pindare"), la Yourcenar, ventiquatrenne come Alexis, si concentra qui per la prima volta su una vicenda delimitata,
'intimista', spingendosi in profondita' nella psicologia del personaggio. L'omosessualita' e il titolo stesso del romanzo richiamano un'opera giovanile
di Gide (il "Traite' du vain desir") ma si avverte molto piu' forte l'influenza del Rilke di "Malte Laurids Brigge", a cui sono vicini il tono, gli scrupoli,
la religiosita' di Alexis, quella tenerezza diffusa che egli emana sulle persone e le cose. Un libro raro, e di quelli della Yourcenar uno dei pochissimi ch'ella non abbia provato a riscrivere, paga di aver detto quanto c'era da dire.

Max F. ha detto...

proposte per il mese (2°)

MANOLA - Margaret Mazzantini - Mondadori - 7,20€ -
Ortensia, spettrale e nerovestita, e Anemone, raggiante e coloratissima: due gemelle talmente diverse da rappresentare gli opposti archetipi della
femminilità. Introversione contro estroversione, profondità contro superficie, tanti problemi contro nessun problema. Ma con tutte le loro differenze, Ortensia e Anemone sono accomunate da un'esilarante capacità di raccontarsi, da una gustosissima rappresentazione-confessione della propria femminilità. E non
solo. Si scoprirà che i ruoli si possono benissimo invertire: che la donna nera e la donna variopinta non sono due entità distinte, due estranee sorelle, ma le due facce della luna.

LA PORTA - Magda Szabò - Einaudi - 11€ - 247 pagg.
È un rapporto molto conflittuale, fatto di continue rotture e difficili riconciliazioni, a legare la narratrice a Emerenc Szeredàs, la donna che la
aiuta nelle faccende domestiche. La padrona di casa, una scrittrice inadatta ad affrontare i problemi della vita quotidiana, fatica a capire il rigido
moralismo di Emerenc, ne subisce le spesso indecifrabili decisioni, non sa cosa pensare dell'alone di mistero che ne circonda l'esistenza e soprattutto la
casa, con quella porta che nessuno può varcare. In un crescendo di rivelazioni scopre che le scelte spesso bizzarre e crudeli, ma sempre assolutamente
coerenti dell'anziana donna, affondano in un destino segnato dagli avvenimenti più drammatici del Novecento.

assorbenti ha detto...

Presenti:
Loredana (new entry), Donatella, Marinella, Franca, Giovanna, Maddalena, Massimo, Concetta e Alessandra.

Il libro è stato proposto da Maria Luisa che questa sera non è con noi. Così per rispettare le tradizioni siamo costretti a leggere la relazione inviataci. La scelta del libro è legata alla lettura di Samarcanda dello stesso autore, letto anni addietro, la relazione si conclude con la constatazione : ..”il libro però non mi ha preso”.
I presenti ritengono l'assenza di Maria Luisa fatto grave e ingiustificato e da punire. Si è deciso che per 3 anni sarà esclusa dalla scelta e dalla proposta dei testi. (Spero di aver riportato correttamente la sentenza, ho dubbi su tempi e modalità. Vorrei suggerire il ricorso in appello.)
Il libro è piaciuto a: Massimo Frico (che benché assente aveva inoltrato meticoloso resoconto), Concetta, Donatella, Marinella.
Ni: Franca e Giovanna
Il libro non è stato letto da: Loredana (new entry), Maddalena, perché non ne aveva il tempo (doveva giocare a “piante contro zombi”, un gioco fantastico), Alessandra e Massimo.
Concetta: Il linguaggio del libro è corretto, un po' ricercato, colto. Originale l'inizio: in punta di piedi vengono esposte la vita del protagonista, la storia, le emozioni.
La conclusione, da impostazione buonista, lascia la speranza di una soluzione positiva.
(Ti prego Concetta integra, penso di aver riportato pochissimo di quel che hai detto)
Giovanna: Voto 6/7. La struttura narrativa è indiretta. Preferisco la storia narrata in prima persona o dal narratore esterno, che si immedesima di volta in volta nei vari personaggi. L'insieme mi è risultato mediocre.
Il personaggio però mi è piaciuto, anche se con moglie e figli non era un gran che, per il resto mi piaceva molto per la sua apertura mentale, cosmopolita, aperta.
Lascia la speranza che tutto finisca bene.
E ora film e romanzi attinenti: Film “Plenty”, con Meryl Streep.
Flashman dove la figura dell'eroe è legata a malintesi, destino e illusioni.
Golda Meir.
Q: libro di un'ebrea sefardita, personaggio sincretico; paneuropeismo che trascende tempo e spazio.
Franca: Non posso dire che mi è piaciuto, ho apprezzato molto l'impianto, ma alla fine sono rimasta senza il motivo di questa scrittura. Perché è stato scritto? Concetta ci legge il lieto fine, quasi una catarsi nella speranza, ma io lo trovo poco realistico. Le coincidenze sono forzate, la seconda parte è proprio tirata.
Marinella: Facile e scorrevole alla lettura e bello l'aspetto della multiculturalità.
Ma lo stile non mi piace, è scritto male, forse le traduzioni tradiscono il testo originale.
I problemi sono vissuti in modo superficiale, si lascia intuire con superficialità le situazioni e la storia. Scrittura corretta, ma sciapa. Troppa carne sul fuoco trattata in modo superficiale.
Donatella: anni fa mi era piaciuto, rileggendolo: la delusione! Il personaggio mi infastidiva. Si fa vivere. Non coglie le situazioni. L'internamento e tutto il resto sembra un evento irreale, artificiale, una storia imbastita, inverosimile.
Marinella legge una frase che spiega percezioni diverse sintetizzate emblematicamente e racconta il rapporto fra fratelli (a pag 42)
..Per lei mio padre era un tetto, per me era un soffitto.

Maria Luisa ha detto...

Premetto che, pur non avendolo letto prima, ho proposto questo libro in base a una mia vecchia lettura di Maalouf - "Samarcanda" - che mi aveva appassionato. Le aspettative erano quindi alte e in parte sono state disattese, sia per quanto riguarda la scrittura che per il contenuto. La scrittura è asciutta, facile anche a una lettura veloce, ma di carattere giornalistico. Il contenuto non lascia molto spazio a quell'immaginazione che il lettore ha bisogno di poter sviluppare man mano che il racconto prosegue, e molto è già dato per scontato.
L'approccio del narratore - l'alter ego di Maalouf - con il protagonista nasce dalla curiosità di toccare con mano un vero eroe della Resistenza francese. Lo segue, gli parla e riesce a vincere la riluttanza dell'altro a confessarsi. La storia passata si fa presente, il mito diventa realtà.
Il caso (o la fatalità?) porta il protagonista a entrare, suo malgrado, in clandestinità e a svolgere compiti delicati in seno alla Resistenza.
Fin qui il tono cronachistico del racconto non suscita particolare pathos nel lettore, che viene invece più coinvolto quando Baku - pseudonimo dell'"eroe"- subisce un trauma provocato da un'insolazione, ma più verosimilmente dalla separazione dalla moglie in seguito agli eventi drammatici della guerra in Israele.
"Io, dall'altra parte di quella frontiera invalicabile, avevo lasciato quello che di più caro avevo al mondo. Ero di fronte al destino come un topo di fronte a un gatto che ha smesso di giocare e si appresta a ucciderlo, Non si dice forse che in quel momento il topo, impaurito, si mette a girare in tondo, incapace di nascondersi, incapace di trovare una scappatoia per sopravvivere?" (pag.136)
Si assiste con un senso di malessere al suo internamento in manicomio e al suo progressivo smarrimento. Diventa completamente abulico, in balia dei farmaci e dei guardiani sanitari. E dice: "Se sono tuttavia sopravvissuto, è perché ci vuole una certa volontà per non sopravvivere. E non avevo nemmeno più quella volontà.... La vigliaccheria è senza dubbio disprezzabile, ma nondimeno appartiene al regno della vita. È uno strumento di sopravvivenza, come la rassegnazione" (pag.157)
Infine, il risveglio della propria coscienza e la riconquista della propria dignità di uomo e di padre. Ma anche la rinascita di un - stavolta - vero eroe che osa sfidare la morte, consapevole che porsi di fronte al rifiuto dell'ottundimento della ragione può significare la fine dei suoi sogni e l'abdicazione definitiva alla vita come essere pensante e come essere libero.
Un punto a favore di questo romanzo consiste, secondo me, nell'assenza di considerazioni morali da parte dell'autore-narratore. L'esposizione dei fatti è storica ma asettica, priva appunto di quei giudizi che avrebbero potuto, per bocca dei personaggi, restringere la visione globale del lettore e infirmarne le impressioni soggettive.
Chissà perché (!?), ho la sensazione di essere stata troppo prolissa e inconcludente, ma la verità è che il romanzo non mi ha "preso".